Equazione e Poesia

La formula “due più due fa cinque” non
manca di attrattiva.
Fedör M. Dostoevskij

La matematica pura è, a modo suo, la poesia delle idee logiche.
Albert Einstein

Quali uomini sono poeti in grado di parlare di
Giove se è simile a un uomo, mentre devono restare
in silenzio se è un’immensa sfera rotante di metano
e ammoniaca?
Richard Feynmann

Ciò che unisce il logico, l’artista, il musicista, è uno “Strano Anello“.

Scrive Douglas R. Hofstadter nel libro ‘Gödel, Escher, Bach: una Eterna Ghirlanda Brillante’:

“Il fenomeno dello ‘Strano Anello’ consiste nel fatto di ritrovarsi inaspettatamente, salendo o scendendo lungo i gradini di qualche sistema gerarchico, al punto di partenza”.

Salire una scala e ritrovarsi ai piedi della scala. E’ un fenomeno che Escher ha disegnato, che Bach ha messo in musica, che Gödel ha posto al centro del teorema di Incompletezza che porta il suo nome.

Concoide Fourier Risonanza.

La struttura prende forma dalla componente creativa, combinata a tre concetti scientifici: la risonanza, le funzioni armioniche secondo Fourier e la curva concoide (2004). Installata nell’area esterna della Micropoli.

Una “nuova alleanza” tra le “due culture”, l’umanistica e la scientifica, tra linguaggio poetico e linguaggio scientifico, tra equazione e poesia, perché la vita sarebbe veramente limitata se non trovassimo intorno a noi un significato che andasse al di là di ciò che può essere pesato e misurato con gli strumenti del fisico e descritto dai simboli del matematico. Al tempo stesso si dovranno combattere le chiusure mentali di quegli ingenui e fanatici che, ad esempio, non sono riconoscenti per la nuova immagine dell’Universo in spazio e tempo fornita dagli astronomi e, più in generale, per quella serie di cambiamenti portati dalla scienza al nostro mondo.

Il 14 maggio 2002, Jean Starobinski ha tenuto una conferenza al simposio internazionale della Fondazione Balzan, presso la Royal Society di Londra, dal titolo: Linguaggio scientifico e linguaggio poetico. Afferma Starobinski: “[…] La reazione degli ‘intellettuali letterari’ (per dirla con C.P. Snow ) al linguaggio scientifico divenne, in Europa, caratteristica di un particolare tipo di romanticismo, ma con diverse forme. Sarebbe superfluo, credo, richiamare qui la ‘cena immortale’ di Benjamin Haydoin del 1818, in occasione della quale Lamb e Keats ‘furono concordi nell’affermare che Newton ha distrutto tutta la poesia dell’arcobaleno riducendolo ad un prisma di colori’. Al termine della cena, brindarono alla ‘confusione contro la matematica’. Keats, come è noto, espresse il suo rifiuto del newtonianismo in una strofa spesso citata della sua Lamia. Questo genere di reazione era essenzialmente dolorosa. Lamentava il ‘disincanto del mondo’, piangeva la scomparsa del soprannaturale che aveva come risultato la perdita di fascino della natura. Gli antichi dei sono stati messi al bando e al loro posto ci rimane solo l’immaginazione”.

E se anche in qualche momento della storia dell’Occidente si è verificato il “disincanto del mondo”, credo ci si debba preoccupare di tenere unite le due dimensioni, le due epistemologie che, forse, possono costituire due modi distinti di usare la mente per costruire il mondo; perché obbiettivo primario tanto della scienza, quanto dell’arte, dovrebbe essere quello di costruire mondi, non di trovarli, e realizzare l’unione a cui la mente umana ha, da sempre, aspirato, quella tra ordine e caos.

È infatti proprio alla combinazione armonica di ordine e disordine, quale si presenta in oggetti come le nuvole, gli alberi, le catene di montagne o i cristalli di neve, che si ispira il nostro senso della bellezza.

Nel suo libro sulla simmetria, Hermann Weyl cita un brano de La montagna incantata di Thomas Mann , dove si descrive il “disordine esagonale” di una tormenta di neve che sorprende Giovanni Castorp nel corso di un’avventurosa escursione, quando si addormenta, sfinito, accanto a un fienile ed è immerso nel suo “profondo sogno di amore e di morte”. Poco prima, lasciandosi scivolare sulla neve, Castorp aveva colto quello sconcertante connubio di magnificenza e di fredda ostilità che emana dalla perfezione formale dei fiocchi. Erano miriadi di stelline magiche giocate con infinite variazioni su di uno stesso identico tema: l’esagono regolare. L’ordine e il caos; cristalli di neve che si formano nell’aria turbolenta da una famosa mescolanza di simmetria e di caso, la speciale bellezza della sestupla indeterminazione, di continuo generata da leggi matematiche di sorprendente sottigliezza.

Quell’estetica delle relazioni matematiche nel mondo naturale, come l’armonia, la simmetria, l’euritmia e la semplicità, che tanta importanza ha rivestito nella valutazione della fecondità di un costrutto teorico da parte dei protagonisti della seconda rivoluzione scientifica, quella contrassegnata dalla teoria della relatività e della meccanica quantistica.

Firenze, 2005

Equazione e Poesia

La formula “due più due fa cinque” non
manca di attrattiva.
Fedör M. Dostoevskij

La matematica pura è, a modo suo, la poesia delle idee logiche.
Albert Einstein

Quali uomini sono poeti in grado di parlare di
Giove se è simile a un uomo, mentre devono restare
in silenzio se è un’immensa sfera rotante di metano
e ammoniaca?
Richard Feynmann

Ciò che unisce il logico, l’artista, il musicista, è uno “Strano Anello“.

Scrive Douglas R. Hofstadter nel libro ‘Gödel, Escher, Bach: una Eterna Ghirlanda Brillante’:

“Il fenomeno dello ‘Strano Anello’ consiste nel fatto di ritrovarsi inaspettatamente, salendo o scendendo lungo i gradini di qualche sistema gerarchico, al punto di partenza”.

Salire una scala e ritrovarsi ai piedi della scala. E’ un fenomeno che Escher ha disegnato, che Bach ha messo in musica, che Gödel ha posto al centro del teorema di Incompletezza che porta il suo nome.

Concoide Fourier Risonanza.

La struttura prende forma dalla componente creativa, combinata a tre concetti scientifici: la risonanza, le funzioni armioniche secondo Fourier e la curva concoide (2004). Installata nell’area esterna della Micropoli.

Una “nuova alleanza” tra le “due culture”, l’umanistica e la scientifica, tra linguaggio poetico e linguaggio scientifico, tra equazione e poesia, perché la vita sarebbe veramente limitata se non trovassimo intorno a noi un significato che andasse al di là di ciò che può essere pesato e misurato con gli strumenti del fisico e descritto dai simboli del matematico. Al tempo stesso si dovranno combattere le chiusure mentali di quegli ingenui e fanatici che, ad esempio, non sono riconoscenti per la nuova immagine dell’Universo in spazio e tempo fornita dagli astronomi e, più in generale, per quella serie di cambiamenti portati dalla scienza al nostro mondo.

Il 14 maggio 2002, Jean Starobinski ha tenuto una conferenza al simposio internazionale della Fondazione Balzan, presso la Royal Society di Londra, dal titolo: Linguaggio scientifico e linguaggio poetico. Afferma Starobinski: “[…] La reazione degli ‘intellettuali letterari’ (per dirla con C.P. Snow ) al linguaggio scientifico divenne, in Europa, caratteristica di un particolare tipo di romanticismo, ma con diverse forme. Sarebbe superfluo, credo, richiamare qui la ‘cena immortale’ di Benjamin Haydoin del 1818, in occasione della quale Lamb e Keats ‘furono concordi nell’affermare che Newton ha distrutto tutta la poesia dell’arcobaleno riducendolo ad un prisma di colori’. Al termine della cena, brindarono alla ‘confusione contro la matematica’. Keats, come è noto, espresse il suo rifiuto del newtonianismo in una strofa spesso citata della sua Lamia. Questo genere di reazione era essenzialmente dolorosa. Lamentava il ‘disincanto del mondo’, piangeva la scomparsa del soprannaturale che aveva come risultato la perdita di fascino della natura. Gli antichi dei sono stati messi al bando e al loro posto ci rimane solo l’immaginazione”.

E se anche in qualche momento della storia dell’Occidente si è verificato il “disincanto del mondo”, credo ci si debba preoccupare di tenere unite le due dimensioni, le due epistemologie che, forse, possono costituire due modi distinti di usare la mente per costruire il mondo; perché obbiettivo primario tanto della scienza, quanto dell’arte, dovrebbe essere quello di costruire mondi, non di trovarli, e realizzare l’unione a cui la mente umana ha, da sempre, aspirato, quella tra ordine e caos.

È infatti proprio alla combinazione armonica di ordine e disordine, quale si presenta in oggetti come le nuvole, gli alberi, le catene di montagne o i cristalli di neve, che si ispira il nostro senso della bellezza.

Nel suo libro sulla simmetria, Hermann Weyl cita un brano de La montagna incantata di Thomas Mann , dove si descrive il “disordine esagonale” di una tormenta di neve che sorprende Giovanni Castorp nel corso di un’avventurosa escursione, quando si addormenta, sfinito, accanto a un fienile ed è immerso nel suo “profondo sogno di amore e di morte”. Poco prima, lasciandosi scivolare sulla neve, Castorp aveva colto quello sconcertante connubio di magnificenza e di fredda ostilità che emana dalla perfezione formale dei fiocchi. Erano miriadi di stelline magiche giocate con infinite variazioni su di uno stesso identico tema: l’esagono regolare. L’ordine e il caos; cristalli di neve che si formano nell’aria turbolenta da una famosa mescolanza di simmetria e di caso, la speciale bellezza della sestupla indeterminazione, di continuo generata da leggi matematiche di sorprendente sottigliezza.

Quell’estetica delle relazioni matematiche nel mondo naturale, come l’armonia, la simmetria, l’euritmia e la semplicità, che tanta importanza ha rivestito nella valutazione della fecondità di un costrutto teorico da parte dei protagonisti della seconda rivoluzione scientifica, quella contrassegnata dalla teoria della relatività e della meccanica quantistica.

Firenze, 2005